In Italia esiste da tempo la "libertà di culto": ogni persona è libera di seguire la fede religiosa che preferisce e tutte le religioni vengono considerate uguali di fronte alla legge.
Per questo, secondo la nostra Costituzione, anche chi non è cattolico può celebrare un matrimonio che segue il rito della sua fede ma ha comunque effettivi civili ed è quindi riconosciuto legalmente. Si parla in questo caso di matrimonio acattolico.
A partire dagli anni Ottanta, lo Stato Italiano ha anche stipulato degli accordi con alcuni culti religiosi presenti nel nostro Paese. Grazie a questi accordi, per far sì che il proprio matrimonio non cattolico abbia valore legale, chi lo celebra deve rilasciare un documento nel quale dichiara che non ci sono motivi per considerare non valide le nozze e sono stati letti gli articoli del Codice Civile Italiano relativi a diritti e doveri del matrimonio.
Il matrimonio viene celebrato dalla persona che rappresenta il culto degli sposi. Per le religioni che non hanno ancora stipulato un accordo con lo Stato, invece, il celebrante deve essere un cittadino italiano e la sua nomina deve essere approvata dal Ministero degli Interni. Inoltre, l'ufficiale di stato civile deve autorizzare la celebrazione.
In entrambi i casi, dopo la celebrazione, il matrimonio deve essere trascritto nei registri dell'ufficio di stato civile entro cinque giorni.
Per poter essere considerato valido, deve rispettare le leggi del nostro Stato. In modo particolare, per potersi sposare è necessario che ci siano i requisiti minimi previsti dalla legge (ad es. età minima, sanità mentale, non essere sposati legalmente con altre persone), bisogna seguire tutti i passaggi formali che precedono la celebrazione (come le pubblicazioni, cioè quei documenti affissi in Comune nei quali si comunica al pubblico che due persone hanno intenzione di sposarsi) e non devono esserci motivi per considerarlo poi nullo o annullabile (ad es. legami di parentela troppo stretti, condanne per tentato omicidio del coniuge precedente).