Quando una persona scompare, non si diventa automaticamente suoi eredi. Per legge, infatti, per diventare eredi di un patrimonio bisogna prima accettarlo (accettazione dell’eredità). Per questo chi viene individuato come erede viene definito chiamato, ed ha dieci anni di tempo per dire se accetta o meno quell'eredità. In caso di rinuncia, possono prendere il suo posto altre persone individuate come successori, dette chiamati successivi. Queste persone possono chiedere al giudice di accorciare i tempi, cioè di stabilire una data entro la quale il primo chiamato deve dire se ha intenzione di accettare o meno l'eredità.
Un "chiamato" può accettare l'eredità senza fare nulla oppure attraverso un documento scritto e la sua accettazione può essere pura e semplice – cioè totale e senza riserve – oppure "con beneficio d'inventario".
Nel primo caso, con un'accettazione "pura e semplice" un erede corre anche dei rischi, perché accettando l'intera eredità che gli è stata lasciata senza riserve, accetta di dover pagare eventuali debiti lasciati dal defunto anche andando a toccare le sue risorse economiche. Con questo tipo di accettazione, infatti, il patrimonio privato dell'erede e il patrimonio del defunto, diventano un'unica cosa.
Con l'accettazione "con il beneficio d'inventario", invece, un erede non corre questo rischio perché il suo patrimonio resta separato da ciò che riceve in eredità. In caso di debiti del defunto, infatti, l'erede deve pagarli solo nel limite del valore dei beni lasciati dalla persona scomparsa.
Se il chiamato decide invece di rinunciare all'eredità, deve rilasciare una dichiarazione scritta al notaio o al cancelliere del Tribunale. La rinuncia, però, non può essere parziale, nel senso che non si può decidere a cosa rinunciare e cosa invece accettare. Inoltre, dopo aver rinunciato all'eredità, è sempre possibile cambiare idea entro dieci anni, a meno che non ci siano altre persone che intanto l'hanno accettata al posto di chi ha rinunciato.
La rinuncia all'eredità, infatti, può dar vita a tre fenomeni diversi.
La persona che rinuncia può essere prima di tutto "sostituita" da altre. La sostituzione è prevista dal defunto stesso nel testamento. La persona scomparsa, infatti, può aver scritto nel testamento il nome di chi chiamare come erede se il primo o i primi chiamati rinunciano. Può inoltre aver anche stabilito sul testamento che l'erede X debba comunque conservare i beni ricevuti in eredità, in modo tale che, alla sua morte, quei beni passino ad altre persone.
Se nel testamento non è stato indicato alcun sostituto oppure se l'erede che rinuncia è un figlio o fratello/sorella del defunto, si può avere la rappresentazione: i figli legittimi (figli della coppia) o naturali (figli di coppie non sposate o nati da precedenti matrimoni) dell'erede che ha rinunciato possono accettare l'eredità al posto suo.
Quando l'eredità è invece lasciata a più persone ed una sola tra loro rinuncia, può esserci il fenomeno dell'accrescimento: coloro che accettano hanno diritto ad avere una piccola fetta in più di eredità, in quanto possono dividersi la parte che toccava alla persona che ha rinunciato. L'accrescimento, però, scatta solo se la sostituzione e la rappresentazione non vanno in porto e non può esserci se il defunto l'ha esclusa sul testamento. In quest'ultimo caso, la quota che avanza va agli eredi legittimi.
Infine, quando i chiamati non dichiarano presto se hanno intenzione di accettare o rinunciare all'eredità oppure quando non è chiara l'identità di un chiamato, il giudice può dichiarare l'eredità giacente e nominare un curatore, ovvero qualcuno che si preoccuperà di amministrarla e quindi anche di pagare con essa eventuali debiti lasciati dal defunto (dietro autorizzazione del Tribunale).
Possono chiedere al giudice che venga attivata l'eredità giacente ad esempio proprio i creditori del defunto, oppure i legatari (cioè coloro che non hanno ricevuto una parte dell'eredità, ma solo uno o più beni specifici).