Nel momento in cui nasciamo, a ciascuno di noi viene attribuita l'appartenenza ad un genere sessuale, viene cioè stabilito se siamo femmine o maschi in base all'osservazione dei nostri organi genitali esterni ed alla presenza dei cromosomi XX (femmine) o XY (maschi).
Da quel momento, il nostro far parte biologicamente di un certo genere sessuale influenza anche il nostro ruolo in società, le relazioni che instauriamo con gli altri, il nostro stesso modo di crescere.
Accade, però, che una persona, per varie motivazioni, possa desiderare ad un certo punto di cambiare sesso. Può infatti non riconoscersi nel sesso che gli è stato attribuito alla nascita o avere particolari rare patologie. Ad esempio può essere affetta da ermafroditismo, cioè avere caratteristiche sessuali sia femminili che maschili, oppure da "sindrome di Morris", particolare patologia che fa sì che una persona sviluppi in adolescenza organi sessuali femminili pur essendo dotata di cromosomi XY (cromosomi maschili).
L'esistenza del diritto all'identità sessuale è basato sugli articoli 2 e 32 della nostra costituzione (secondo la sentenza n.161/85 della Corte costituzionale).
Nel 1982 è nata in Italia una legge che serve in qualche modo a tutelare le persone che non si riconoscono nel proprio sesso. Si tratta della legge 164, secondo la quale una persona che non si riconosce nelle proprie caratteristiche sessuali esteriori ha il diritto di adeguarle alla sua volontà, richiedendo al Tribunale l'autorizzazione per subire particolari interventi chirurgici.
Questa legge è stata creata anche per rispettare il "diritto alla salute" di una persona. Il diritto alla salute, infatti, non si preoccupa solo di proteggere e salvaguardare il corpo di una persona, bensì anche il suo benessere psicologico e relazionale. Se una persona, quindi, sente il suo appartenere fisicamente ad un certo genere sessuale come una cosa del tutto inadatta a come si percepisce, può fare questa richiesta.
Per dare la sua autorizzazione, il Tribunale ha però bisogno di una diagnosi fatta dal medico legale, nella quale dev'essere confermato che per quella persona, rimanere dello stesso genere sessuale in cui è nata, le provoca problemi.
L'autorizzazione non viene concessa a tutti indistintamente: in genere viene data solo ad adulti o comunque a persone che abbiano superato le fasi di adolescenza e pubertà ed abbiano mostrato per almeno 2 anni consecutivi di essere interessate ad un cambiamento di questo genere.
Anche un minorenne può subire interventi di adeguamento dei caratteri sessuali. In questo caso, i rappresentanti legali del minorenne – ovvero i suoi genitori – dovranno fare richiesta al Tribunale, il quale, prima di decidere, cercherà di tutelare la personalità del minorenne e terrà conto sia della sua età anagrafica che della sua maturità.
Oltre all'operazione chirurgica in sé, è necessario che la persona in questa fase riceva anche assistenza endocrinologica e psicologica.
Una volta subita l'operazione, non deve restare più alcuna traccia dell'identità sessuale e del nome precedente. La persona che ha cambiato sesso, infatti, non deve aver poi problemi nell'inserirsi nuovamente in società o nel trovare un lavoro. Per questo è necessario, dove possibile, adattare tutti i suoi documenti, modificandone i dati anagrafici.