Jobs Act e Licenziamento illegittimo

Jobs act e licenziamento: tutele crescenti, risarcimento danni

Licenziamento illegittimo: definizione

Il licenziamento illegittimo si ha quando il datore di lavoro interrompe il rapporto che ha instaurato con un dipendente in modo per così dire irregolare: l'operazione, infatti, non presenta i requisiti previsti dalla legge, motivo per il quale è possibile per il licenziato anche muoversi legalmente per ottenere almeno un risarcimento. Per esempio, viene considerato illegittimo il licenziamento che avviene in forma orale e non in forma scritta, oppure quello provocato da ragioni discriminatorie o anche semplicemente basato su una "giusta causa" o un "giustificato motivo" che risultano del tutto insussistenti.

Il Jobs Act – nato con la Legge n. 183 di Dicembre 2014 – ha profondamente modificato la disciplina relativa alle sanzioni che è possibile applicare in questi casi.
Il Decreto attuativo n. 23 del 4 marzo 2015, infatti, ha introdotto le cosiddette tutele crescenti, che prevedono forme di protezione destinate ai lavoratori licenziati illegittimamente differenti rispetto a quelle previste dall'originario Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300 del 1970) e dalle novità introdotte nel 2012 dalla Riforma Fornero.

L'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori prevedeva due tipi di sanzione in caso di licenziamento illegittimo: per le imprese con più di 15 dipendenti si parlava di tutela reale, ovvero l'obbligo per il datore di lavoro di reintegrare il dipendente licenziato irregolarmente (quindi permettergli di tornare in azienda e continuare il rapporto come se nulla fosse accaduto) e risarcirlo con una somma pari a tutto ciò che avrebbe dovuto percepire dal giorno del licenziamento in poi; per le imprese con meno di 15 dipendenti, invece, si parlava di tutela obbligatoria, per via della quale il datore di lavoro poteva scegliere tra riassumere il licenziato oppure risarcirlo con una cifra pari a non meno di 2 mensilità e mezzo e non più di 6 mensilità.

La Riforma Fornero – attuata con la Legge n.92 del 2012 – ha modificato la disciplina prevista dall'Articolo 18 introducendo forme di tutela differenziate in base al tipo di illegittimità in causa.
Da un lato ha mantenuto la possibilità di reintegro (oltre al risarcimento) in caso di licenziamento discriminatorio Il licenziamento discriminatorio è quello dovuto a questioni collegate al credo politico o religioso del dipendente, alla sua provenienza geografica, al sesso di appartenenza, l'orientamento sessuale, un eventuale handicap, ecc. È vietato dalla legge., licenziamento nullo Il licenziamento nullo è quello considerato non valido dalla legge in quanto viola precise norme e divieti. Per esempio è nullo il licenziamento di una donna in stato di gravidanza oppure quello che si verifica nel momento in cui un dipendente decide di contrarre matrimonio. o orale oppure se giusta causa La giusta causa è il motivo considerato valido per legge che ha provocato il licenziamento del dipendente, una ragione strettamente collegata al comportamento del lavoratore la cui gravità dev'essere tale da rendere impossibile proseguire il rapporto (per esempio, si è reso artefice di furti o di atti di violenza in azienda). o giustificato motivo Il giustificato motivo è un'altra ragione che rende legalmente valido un licenziamento. Si distingue in giustificato motivo soggettivo quando la causa scatenante è un comportamento inaccettabile del lavoratore ed in giustificato motivo oggettivo quando il licenziamento è dovuto a ragioni legate all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro, ecc. (per esempio l'impresa è in crisi e deve chiudere dei settori). dichiarati dal datore non sussistono; dall'altro, invece, ha previsto solo il diritto al risarcimento per situazioni meno gravi, senza possibilità di reintegro (per esempio, se il datore non ha riportato per iscritto i motivi della sua decisione, il lavoratore ha diritto solo ad una indennità pari a non meno di 6 e non oltre 12 mensilità).

Le tutele previste dalla Riforma Fornero sono attualmente ancora valide ed applicabili per tutti coloro che sono stati assunti prima del 7 marzo 2015.
Per chi invece è stato assunto dopo tale data, valgono le nuove norme previste dal Jobs Act.

Tutele crescenti: Jobs Act e licenziamento

Le tutele crescenti di cui si parla per il Jobs Act fanno riferimento ad un tipo di tutela offerta al lavoratore licenziato illegittimamente che "cresce" a seconda del numero di anni di anzianità di servizio.

La reintegrazione è prevista ora solo in alcuni casi, ovvero se il licenziamento risulta discriminatorio, nullo oppure è avvenuto in forma orale, se è stato provocato da motivi disciplinari in realtà insussistenti oppure se il datore di lavoro ha dichiarato l'inidoneità fisica e/o psichica del lavoratore ma questa inidoneità in realtà non esiste. In queste situazioni il lavoratore ha diritto al reintegro ed al risarcimento, che corrisponde ad una somma pari a tutte le retribuzioni che avrebbe dovuto percepire dal giorno del licenziamento a quello del reintegro e i relativi contribuiti.
In alternativa, entro 30 giorni dalla comunicazione di deposito della sentenza o dall'invito a tornare in azienda da parte del datore di lavoro, il licenziato può scegliere un indennizzo al posto del reintegro, pari a 15 mensilità e privo di contributi. Se opta per l'indennizzo, il rapporto di lavoro viene considerato del tutto concluso.

Licenziamento illegittimo: risarcimento danni.
Negli altri casi di licenziamento illegittimo – per esempio se i motivi oggettivi dichiarati (motivi economici dell'impresa) risultano inesistenti o se il suo comportamento poteva essere punito con una sanzione diversa (una sanzione conservativa) – il lavoratore ha diritto unicamente ad un risarcimento. La relativa somma che riceverà non verrà più stabilita da un giudice, bensì sarà direttamente proporzionale alla sua anzianità di servizio nell'impresa: corrisponderà, infatti, a 2 mensilità dell'ultima retribuzione percepita per ogni anno di attività prestata. In tutto questa somma non deve comunque essere inferiore a 4 mensilità, né superare le 24.

Nel caso in cui il licenziamento risulti illegittimo per via di un difetto formale o procedurale (per esempio perché il datore non ha scritto sul documento le ragioni della sua decisione o non ha rispettato in modo preciso tutta la procedura), il lavoratore ha diritto ad una indennità dimezzata, pari, quindi, ad una sola mensilità moltiplicata per ogni anno di anzianità di servizio. In tutto questa somma non deve essere inferiore a 2 mensilità né superare le 12.

Licenziamento illegittimo: meno di 15 dipendenti.
Per le piccole imprese (sotto i 15 dipendenti) in generale non è cambiato nulla rispetto al passato: è, infatti, previsto il reintegro per licenziamento nullo, discriminatorio, ecc. e, negli altri casi, un indennizzo che va dalle 2,5 alle 6 mensilità.
L'unica nota da segnalare è che, per quanto riguarda la disciplina applicabile attualmente, si fa un'eccezione per alcuni tipi di piccole imprese, ovvero per quelle che, per effetto della riforma, aumenteranno il numero dei dipendenti nel breve termine.
Come anticipato, infatti, le tutele crescenti previste dal Jobs Act sono destinate solo ai nuovi assunti a partire dal 7 marzo 2015, mentre per tutti gli altri lavoratori si continuerà a far riferimento alla Riforma Fornero; se, però, una piccola impresa, per via delle novità della riforma, assume altri dipendenti superando subito la soglia dei 15 in totale, le tutele crescenti verranno allora applicate a tutti i suoi lavoratori, anche a quelli assunti prima del 7 marzo.


Leggi anche:

Jobs Act e Licenziamento illegittimo: Elenco Avvocati e Studi Legali
Congedo di maternità
Permette ad una donna di astenersi da lavoro in caso di gravidanza. È un congedo obbligatorio: per legge, infatti, la donna non può lavorare in prossimità del parto. Dura in totale 5 mesi: 2 precedenti il parto, 3 successivi. La donna può anche scegliere di astenersi da lavoro 1 mese prima della nascita e 4 dopo.
Lavoro parasubordinato: cos’è
È quel rapporto di lavoro grazie al quale una persona da un lato esegue l’attività in piena autonomia, dall’altro deve comunque rispettare necessità, finalità, organizzazione dell’azienda. Tipici contratti di lavoro parasubordinato sono CO.CO.CO. e CO.CO.PRO.
Contratto prestazione d’opera
Il contratto d’opera, o di lavoro autonomo, è l’accordo stipulato tra due parti in base al quale una (artigiano o professionista) si impegna a realizzare un’opera (lavoro) o un servizio (prestazione), in favore dell’altra (cliente), dietro compenso.
Lavoro intermittente o a chiamata
È un rapporto subordinato per il quale il lavoratore svolge attività in modo discontinuo, cioè solo quando viene chiamato a farlo dal datore. Per legge non può superare i 400 giorni in 3 anni. È riservato a lavoratori con più di 55 anni o che non hanno ancora compiuto i 24 anni.
Permessi studio giornalieri retribuiti
Sono permessi speciali di astensione da lavoro che possono essere richiesti dagli studenti lavoratori in caso di esami o esoneri. Per evitare abusi, lo studente lavoratore è tenuto a fornire all’azienda un certificato che attesti la sua partecipazione all’esame.
Rendi visibile il tuo Studio Legale in Internet
e ricevi contatti mirati in base alle tue competenze

Area Professionisti:

Contatta la Redazione: 0547.28909
tutte le mattine, dal lunedì al venerdì: 9:00-13:30